Eziologia
La malattia da graffio del gatto (Cat Scratch Disease – CSD) è una zoonosi emergente ed ubiquitaria segnalata per la prima volta nell’uomo nel 1931 ma la cui eziologia è stata definitivamente chiarita solo agli inizi degli anni ‘90. La CSD può essere definita come una “linforeticolosi da inoculazione, caratterizzata da forme locali (cutanee e linfonodali anche a carattere suppurativo), solitamente benigna, talora complicata da forme sistemiche a carattere granulomatoso particolarmente severe in pazienti immunocompromessi”
Dal punto di vista eziologico, nel corso degli anni diversi agenti quali virus, Rickettsie, Clamidie sono stati sospettati essere responsabili di CSD. Solo nel corso degli anni ’90 si è pervenuti alla identificazione di Afipia felis e Rochalimaea henselae, poi rinominato Bartonella henselae, quali agenti responsabili dell’infezione.
A Bartonella henselae vengono oggi attribuiti la maggior parte dei casi di CSD (circa il 95% del casi di CSD nell’uomo) mentre Afipia felis, il primo agente inizialmente correlato alla malattia, sembra svolgere un ruolo molto marginale nella eziologia dell’infezione. Bartonella henselae ed Afipia felis sono piccoli bacilli gram negativi biochimicamente inerti con caratteristiche di crescita molto particolari sia nella morfologia (caratteristico dimorfismo delle colonie) che per i lunghi tempi di crescita (fino a 1 mese), caratteristica questa in grado di spiegare i ripetuti insuccessi dei microbiologi nel corso degli anni nella messa in evidenza del germe. Solitamente infatti il tempo di osservazione delle colture in laboratorio, tranne che per pochissime eccezioni, non si protrae per più di 7-10 giorni dal momento dell’inoculo del campione.
Gli agenti eziologici della malattia da graffio del gatto ad oggi noti sono quindi Bartonella henselae di cui, a seguito di studi di biologia molecolare, sono stati individuati 2 tipi (tipo 1 e tipo 2), Afipia felis, il cui ruolo però, abbiamo detto, è molto marginale, e Bartonella clarridgeiae. Quest’ultima, di scoperta più recente, è moderatamente diffusa sia nei gatti che nell’uomo. Bartonella koehlerae è stata scoperta ancor più recentemente nel gatto ma non risulta ad oggi correlata ad infezione o malattia nell’uomo.
La malattia nell’uomo
La malattia da graffio di gatto (CSD) viene considerata la causa più comune di adenopatia cronica, benigna, in bambini e giovani adulti. Da 3 a 10 giorni dopo il contatto con l’animale, nel punto di inoculazione compare una lesione cutanea pustolosa, papulosa o vescicolosa, che può persistere per giorni o settimane, guarendo senza lasciare cicatrici.
Adenopatia secondaria in giovani pazienti graffiati agli arti superiori
Il segno clinico dominante è l’adenopatia di un singolo linfonodo o regionale, che compare di solito entro 2 settimane dal graffio. Più dell’80% dei linfonodi interessati sono localizzati al capo, al collo ed agli arti inferiori; hanno un diametro di 1-5 centimetri ed appaiono arrossati e dolenti.
Sebbene il 10-20% di essi progredisca verso la suppurazione, la maggior parte regredisce entro 2-6 mesi.
Febbricola, malessere, cefalea, anoressia, mal di gola ed artralgie possono far confondere tale malattia con la mononucleosi infettiva. L’11-12% dei casi sono caratterizzati dalla sindrome oculoglandulare di Parinaud, che consiste in una congiuntivite granulomatosa autolimitantesi associata ad una linfoadenopatia ipsilaterale, per lo più preauricolare. Talora il decorso è grave con encefalopatia in circa l’1-7% dei casi, anomalie ematologiche, artrite ed eritema nodoso, mielite trasversa, paralisi del VII, neuroretinite,
Neuroretinite: papilledema associato ad essudato stellare maculare
coinvolgimento di milza, polmoni, fegato e cute. La diagnosi è principalmente clinica e si fonda sulla presenza dell’adenopatia e della lesione primaria da inoculo sulle estremità, sul collo o sul capo, in concomitanza con un contatto recente con gatti. La diagnosi di laboratorio si basa essenzialmente sull’esame diretto del materiale bioptico linfonodale (con il metodo dell’impregnazione argentica di Warthin-Starry), sull’emocoltura, sui test sierologici, come EIA (enzyme immunoassay) e IFA (immunofluorescence assay) e sui metodi molecolari, come la PCR. La diagnosi differenziale si pone con infezioni micobatteriche tipiche o atipiche, tularemia, brucellosi, sifilide, linfogranuloma venereo, sporotricosi, istoplasmosi, toxoplasmosi, adenite neoplastica, cisti bronchiali. La terapia è principalmente sintomatica poiché la malattia, di solito, regredisce spontaneamente entro 2-6 mesi. Non ci sono dati chiari circa l’utilità degli antibiotici. I risultati clinici migliori sono stati ottenuti con rifampicina, ciprofloxacina, gentamicina, trimetroprim e sulfametoxazolo (TMP/SMX), claritromicina ed azitromicina. In uno studio retrospettivo di dati non controllati, la percentuale di pazienti, che hanno risposto completamente o parzialmente a 7-14 giorni di terapia, è stata dell’ 87% con rifampicina, 84% con ciprofloxacina, 73% con gentamicina solfato parenterale e 58% con TMP/SMX.
La malattia negli animali(*)
Il gatto di solito non manifesta alcun sintomo di malattia ed appare come tipico reservoir dell’infezione potendo albergare Bartonella henselae per parecchi mesi o anni nel torrente circolatorio in completa assenza di sintomi clinici; sono stati tuttavia descritti quadri di linfoadenite in soggetti batteriemici. Il germe risulta localizzato soprattutto nel torrente circolatorio associato ai globuli rossi e talora all’interno dei macrofagi ed evoca nell’animale una risposta immunitaria rilevabile ma che risulta poco efficace ad eliminare il microrganismo.
Studi di genetica molecolare hanno accertato una omologia di oltre il 95% tra il genoma di Bartonella henselae e quello di Brucella abortus, caratteristica questa che fa in qualche modo ritenere questa nuova zoonosi una sorta di “brucellosi del gatto”. Alcune analogie patogenetiche con l’infezione da Bartonella del gatto si possono infatti ritrovare nelle specie che sono frequentemente colpite da infezione brucellare come ad esempio i ruminanti nei quali assistiamo, come nel gatto infetto da Bartonella spp., ad una mancanza pressochè totale di segni clinici eccezion fatta per l’eventuale aborto presente nei soggetti gravidi. Nei ruminanti non gravidi si hanno frequentemente fenomeni di batteriemia accompagnati da una risposta immunitaria che risulta, il più delle volte, di scarsa efficacia con concomitante localizzazione del microrganismo a vari distretti ed in completa assenza di segni clinici; in queste condizioni gli stessi soggetti rappresentano comunque un rilevante rischio di infezione per gli altri animali e per l’uomo.
gatto di strada e le sue armi
I gatti di strada sono stati tra i più studiati e sembrano i più colpiti dall’infezione. Un ruolo centrale nella diffusione dell’infezione all’interno della popolazione felina è svolto dalla pulce del gatto (Ctenocephalides felis);
ad essa infatti viene attribuita la maggior responsabilità delle elevate prevalenze di gatti batteriemici all’interno delle singole colonie in ragione del fatto che il parassita è in grado, attraverso l’assunzione del pasto di sangue, di trasmettere l’infezione agli altri gatti oltre alla possibilità di mantenere, se non addirittura replicare il germe al suo interno. A tale proposito è stato altresì segnalato un caso di trasmissione di Bartonella henselae dalla pulce direttamente all’uomo. Per quanto attiene alla terapia dei gatti batteriemici sono stati condotti pochi studi e tutti a carattere sperimentale. Da questi è emerso che è possibile trattare gli animali con un discreto successo con molecole quali Amoxicillina, l’associazione Amoxicillina-Acido Clavulanico, Doxiciclina, Eritromicina; tuttavia non in tutti i casi si è pervenuti ad una completa soppressione della batteriemia rendendo necessari ulteriori controlli nonché successivi cicli di terapia con l’impiego di molecole differenti. Questo aspetto richiede pertanto di essere studiato con più attenzione per poter disporre di un efficace e definitivo schema terapeutico.
Cane. L’infezione da Bartonella henselae nel cane è sempre stata dibattuta e scarsamente considerata, tuttavia molto recentemente sono stati segnalati due casi, uno di osteomielite in un bambino di 9 anni, l’altro di febbre con linfoadenopatia in un bambino di 10 anni, entrambi sostenuti da Bartonella henselae; nei due casi il cane si è rivelato la fonte dell’infezione.
Ancor più recentemente è stato invece ben documentato in un cane un caso di peliosi epatica, una lesione vasculo-proliferativa diffusa al parenchima epatico, che testimonia da un lato la suscettibilità di questa specie all’infezione con sviluppo di quadri clinici e patologici, dall’altro conferma la sua potenzialità nella trasmissione dell’infezione all’uomo. Nel cane sono pure segnalati casi clinici quali endocarditi e linfoadeniti granulomatose febbrili sostenute da altre Bartonelle (Bartonella vinsonii subsp. berkhoffii).
Ruminanti. Infezioni da Bartonella sono state altresì riscontrate molto recentemente in uno studio su popolazioni di ruminanti in USA. Lo studio si conclude con l’ipotesi della possibile trasmissione vettoriale da zecche tenuto conto che, da uno studio in Olanda, il DNA di Bartonella è stato rinvenuto anche in questi ectoparassiti.
Conigli. Il ritrovamento di un’altra specie di Bartonella (Bartonella alsatica) è stato ottenuto lo scorso anno da conigli selvatici in Alsazia.
Epidemiologia
I gatti sono il fattore di rischio epidemiologico più importante per l’infezione negli esseri umani
Trasmissione
La maggior parte dei pazienti (oltre il 90%) ricorda nell’anamnesi un graffio, un morso, una leccata da parte di un gatto sano, di solito giovane (spesso un gattino). Sono stati riportati, prima dell’ insorgenza della sindrome, graffi o morsi di cani, morsi di scimmie oppure contatti con conigli, galline o cavalli, ma non in tutti i casi era stata esclusa la possibilità di una concomitante esposizione a gatti. Ci sono dunque correlazioni epidemiologiche strette fra l’essere affetto da CSD e il possedere un gatto sieropositivo alla Bartonella o batteriemico. Le pulci del gatto trasmettono la B. henselae ai gatti ma al momento non è stato dimostrato un loro ruolo diretto nella trasmissione della B. henselae all’ uomo.