Eziologia
Il termine “Malattia di Lyme” deriva dal nome di un piccolo centro del Connecticut, chiamato “Old Lyme” dove, solo nel 1975, si sono verificati numerosi casi di artrite di sospetta origine infettiva che hanno interessato la maggior parte della popolazione, sia adulti che bambini. In realtà la malattia è stata descritta da oltre cento anni anche nella letteratura Europea. L’agente eziologico è stato isolato, nel 1982 da Burgdorfer, un biologo di Hamilton (Montana), dall’intestino di una zecca del Genere Ixodes dammini (ora Ixodes scapularis); questo microorganismo è stato classificato come appartenente alla famiglia delle Spirochete, ed è stato denominato Borrelia burgdorferi.
La malattia di Lyme (ML) è un’antropozoonosi causata da spirochete appartenenti al complesso Borrelia burgdorferi
In Europa il piu importante vettore di questo microorganismo è rappresentato dalla zecca Ixodes ricinus. La malattia di Lyme non colpisce solo l’uomo, ma anche un gran numero di animali selvatici come cervi, procioni, opossum, scoiattoli, ricci e piccoli roditori che ne fungono anche da serbatoi dell’infezione per l’uomo. Anche gli animali domestici possono esserne colpiti in particolar modo: bovini, ovini, equini ed il cane.
La malattia nell’uomo
Nell’uomo, la malattia insorge nel momento in cui la zecca, contenente nelle ghiandole salivari l’agente patogeno, morde l’uomo ed emette materiale che contiene spirochete nella sede del morso. Le manifestazioni cliniche possono interessare molti organi ed apparati e con intervalli di tempo variabili dal momento dell’infezione. L’infezione precoce localizzata si verifica nel primo mese dall’infezione (tempo medio di 7 giorni) e si manifesta con una lesione maculo-papulare di colore rosso vivo ai bordi e chiara al centro, localizzata in qualsiasi punto, anche se i siti più comuni sono la coscia, l’inguine e l’ascella (erythema migrans).
Lesione primaria dopo il morso di una zecca infetta e caratteristico eritema emigrante conseguente all’ infezione
Ad essa, molti giorni dopo, si associano da 1 a 100 lesioni simili, segno della disseminazione precoce della spiorocheta (infezione precoce disseminata). A queste lesioni si possono aggiungere malessere, astenia, febbre, brividi, linfoadenopatia, faringite edematosa, congiuntivite, artralgie, mialgie, dolori dorsali, anoressia, faringodinia, nausea e vomito. In alcuni pazienti predominano sintomi che suggeriscono irritazione meningea, come cefalea insopportabile, rachialgie, dolore nucale o rigidità. L’infezione tardiva disseminata si verifica da settimane a mesi dopo il morso della zecca e comprende interessamento del SNC (meningite ed encefalite acuta, nevrite cranica, radicolonevrite e neuropatia periferica), del cuore (mio-pericardite e blocchi atrio-ventricolari), del sistema muscolo-scheletrico (artrite) e dell’occhio. Tali sequele sono, comunque, rare. L’infezione cronica è caratterizzata dalla comparsa di disordini neurologici (neuropatia periferica, meningoencefalite cronica) ed artrite. La diagnosi si basa principalmente sull’anamnesi, l’esame obiettivo e sul rilevamento di un elevato titolo anticorpale anti-B.burgdorferi tramite i test ELISA e Western blotting. L’esame colturale permette una diagnosi definitiva ma, salvo poche eccezioni, ha prodotto risultati positivi solo in pazienti con erythema migrans. Per l’infezione precoce (localizzata e disseminata), il trattamento di scelta è rappresentato dalla doxiciclina (100 mg. 2 volte al giorno per 20-30 gg) o dall’amoxicillina (500 mg. 3 volte al giorno per 20-30 gg). Per le manifestazioni neurologiche (precoci e tardive) è previsto l’uso del ceftriaxone (2g/die per 14-30 gg) o della penicillina G (20 milioni U suddivise in 4 dosi giornaliere per 14-30 gg). Infine l’artrite (intermittente o cronica) è trattata con successo con doxiclina (100 mg. 2 volte al giorno per 30-60 gg) o l’amoxicillina (500 mg. 4 volte al giorno per 30-60 gg).
La malattia negli animali
CANE
Se il primo sintomo caratteristico nell’uomo riguarda la cute (eritema cronico migrante), questo sembra assente in questa specie mentre sono frequenti le zoppicature conseguenti a processi flogistici articolari, febbre, anoressia, adenopatia, miocardite accompagnata da diversi blocchi di conduzione, e glomerulonefriti. In Europa tuttavia si sono riscontrati rari casi di malattia clinicamente conclamata a scapito di una sieroprevalenza nella popolazione canina anche del 30%.
tabella sintetica della clinica della Borreliosi canina
CAVALLO
Negli USA sono stati descritti casi di febbre, astenia, gonfiori articolari, uveite e anche di encefalite; indagini sierologiche condotte in Bretagna hanno evidenziato una sieroprevalenza più alta nei cavalli allo stato brado o semi-brado (23%) rispetto alle stazioni di monta (5%) e ai centri ippici (7,5%).
BOVINI
Oltre che il calo dell’incremento ponderale e della produzione lattifera, sono frequenti le artriti come nei montoni.
Infestazione da zecche nella regione perineale e anale di una bovina al pascolo
Epidemiologia
Scoperta in America, questa patologia presenta focolai endemici anche nel Canada, Giappone, Cina Australia ed Europa.
In Italia il primo caso di malattia di Lyme è stato identificato da Crovato in Liguria nel 1983. Negli anni seguenti molti altri casi sono stati segnalati da tutte le regioni italiane tranne la Valle d’Aosta e la Basilicata per un totale di circa 1324 casi nel periodo dal 1983 al 1996. Le regioni del Nord Est della penisola sono le più coinvolte: soprattutto il Friuli Venezia Giulia con i suoi 528 casi.
Attualmente, quella di Lyme è la malattia più frequentemente trasmessa da zecche negli Stati Uniti. Punture da zecche I. scapularis sono comuni nelle aree endemiche per la malattia di Lyme, riguardando per circa l’8O% tutte le punture da zecca. Nel Westchester County, New York, dove la malattia è endemica, è stato stimato che ci sono state 14.000 vittime di punture di I. scapularis durante un singolo anno (1985).
Seppure la scoperta della presenza del morbo di Lyme in Italia sia stata abbastanza precoce, nel 1984 (Crovato, 1985), rispetto alla prima descrizione della malattia (1975) e soprattutto alla sua identificazione eziologica (1983), a tutt’ora non esiste un quadro unitario della epidemiologia della malattia sul territorio nazionale. Poichè la casistica della malattia di Lyme cominciava a divenire numerosa e l’impatto della malattia importante, nel 1992 la malattia di Lyme è stata inserita nel novero delle malattie infettive della classe V (D.M. 15.12.90), soggetta quindi a notifica obbligatoria. Nonostante ciò l’approccio alla conoscenza e la ricerca della malattia di Lyme sul territorio nazionale, sono ancora disomogenee e sporadiche. Le cause di ciò sono da ricercare nel polimorfismo della malattia di Lyme, e in una certa difficoltà nel formulare la diagnosi. L’obbligo della denuncia non sembra aver facilitato molto la raccolta dei casi, a causa della classe in cui è stata inserita la malattia.
Riguardo il periodo dell’anno, la malattia segue un andamento stagionale con un picco che si estende dalla primavera inoltrata ad agosto. Nelle regioni ad alta endemicità le punture delle zecche, e di conseguenza i casi, si susseguono, anche se con minore frequenza, nel periodo invernale.
Trasmissione
Le zecche sono capaci di trasmettere la Borrelia burgdorferi attraverso sia le secrezioni salivari che il rigurgito. Studi sperimentali hanno suggerito che l’efficacia della trasmissione della spirocheta è strettamente associata con la durata dell’attaccamento della zecca. La trasmissione di B.b. è mediata da vari artropodi vettori, membri del complesso I. persulcatus. I serbatoi di infezione di Borrelia possono essere: roditori, caprioli, cervi, volpi, lepri, ricci, nei quali le zecche svolgono una parte del loro ciclo riproduttivo.
I serbatoi di infezione sono rappresentati da piccoli roditori selvatici (arvicole, topini ecc.)nei quali la borrelia si diffonde e si moltiplica nel circolo sanguigno superficiale
CICLO DEL VETTORE DELLA MdL E SUOI OSPITI SILVESTRI
Gli uccelli hanno probabilmente un ruolo non trascurabile nel trasporto a distanza di zecche infette. Poichè la malattia di Lyme è stata riscontrata anche in areali privi di zecche, si ritiene che, eccezionalmente, essa possa essere veicolata anche da altri insetti ematofagi. E’ esclusa la possibilità di trasmissione interumana della malattia; sono stati comunque segnalati rarissimi casi di trasmissione congenita.
Le zecche
Il ciclo vitale della zecca è trifasica. La femmina adulta fecondata depone alcune centinaia di uova, dalle quali nascono larve esapodi che attendono sul terreno il passaggio di un ospite idoneo su cui fissarsi. E’ possibile che già alla nascita un certo numero di individui risulti infettato da B.b. per via transovarica. Raggiunto l’ospite effettuano il loro pasto di sangue e si lasciano cadere al suolo, per trasformarsi in ninfe ottopodi, in attesa di un nuovo ospite. Le ninfe rappresentano lo stadio più attivo della zecca: esse raggiungono l’apice degli steli erborei e si attaccano a qualsiasi ospite mammifero sia di passaggio, sia di grande che piccola taglia. Effettuato il pasto, a loro volta si lasciano cadere nel terreno (letti fogliari, etc.) e realizzano la muta finale in zecche adulte. Queste si accoppiano sull’ospite e le femmine fecondate vanno incontro al riposo invernale (diapausa); nella stagione primaverile seguente depongono le uova, concludendo così il loro ciclo vitale.
L’infezione da B.b. si perpetua per tutta la vita della zecca, superando anche i diversi stadi di sviluppo. Le spirochete risiedono di preferenza nell’intestino medio, ove si aggregano ed aderiscono alla membrana basale. Qui si riproducono alla temperatura di 25° potendo raggiungere, durante il pasto di sangue, livelli elevati di contaminazione di 1000 e più spirochete. E’ stato dimostrato che più specie possono co-infettare la stessa zecca. E’ possibile una distribuzione delle spirochete agli altri tessuti durante le ultime fasi del pasto: la trasmissione all’ospite avviene in gran parte per rigurgito del contenuto intestinale, nelle fasi tardive del pasto (3 giorni), e probabilmente anche mediante la saliva (Burgdorferi et al.,1988).
Le ninfe rappresentano lo stadio più attivo della zecca: esse raggiungono l’apice degli steli arborei e si attaccano a qualsiasi ospite di passaggio, sia di grande, sia di piccola taglia. Effettuato il pasto, si lasciano cadere nel terreno (letti fogliari, etc.) e realizzano la muta finale in zecche adulte.